Asola - Guida Turistica

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La Cattedrale di S. Andrea
  Dal 1509, quando la chiesa maggiore era stata elevata alla dignità di collegiata, al 1818, quando il papa Pio VII la aggregò alla diocesi di Mantova, la comunità asolana visse l'autonomia religiosa che da tempo rivendicava. Fu infatti una prelatura nullius (cioè non soggetta ad altre diocesi) cui presiedeva un abate commendatario; nessuno degli abati portò mai il titolo di vescovo di Asola, ma solitamente essi erano vescovi (titolari di diocesi in partibus infedelium, cioè antiche diocesi dei Paesi caduti sotto i musulmani) ed Asola, con le parrocchie della quadra, costituì una diocesi pressoché autonoma. Ecco perché la chiesa principale portò il titolo, ancora in uso, di cattedrale. Questa, dedicata a Sant'Andrea Apostolo e Santa Maria Assunta, non fu sempre la chiesa principale della città. La precedettero la pieve di Santa Maria Assunta, eretta prima del Mille nel borgo di allora, a un chilometro dal centro attuale (essa, ormai diroccata, nel 1564 fu demolita, e il titolo passò alla chiesa maggiore) ed entro le mura quella di Sant'Erasmo (nel 1890, con delibera del comune, trasformata in teatro). Nel 1377, al centro della fortezza, si diede inizio alla costruzione di una seconda chiesa gotica, dedicata a Sant'Andrea Apostolo: rivelatasi questa troppo piccola per le necessità dell'abitato, il 18 marzo 1470 i deputati civici deliberarono di ampliarla. Nacque così il tempio attuale, che del precedente mantenne soltanto il presbiterio e il campanile. La nuova fabbrica, su progetto di Guglielmo Cremonese, fu avviata il 19 agosto 1472 con la posa della prima pietra, benedetta dall'abate Francesco Catanio, essendo podestà Trojan Avogadro. Per singolare coincidenza, nel 1470, anche nella vicina città di Mantova si decise di trasformare la già esistente chiesa di S. Andrea, dando inizio ai lavori nel 1472: ma mentre a Mantova l'architetto Leon Battista Alberti creò una delle prime basiliche rinascimentali, ad Asola Guglielmo si attenne alla tradizione, ideando una chiesa gotica in armonia con la precedente, pur se incomparabilmente più solenne e grandiosa. La fabbrica, cui dopo Guglielmo sovrintese l'asolano Francesco Biondello, fu terminata nel 1514; ma già il 27 gennaio (cioè nella festa del futuro patrono San Giovanni Crisostomo) del 1501 era stata consacrata, con rito celebrato dall'arcivescovo di Lepanto Marco Saracco su richiesta del vicario dell'abate commendatario Giovanni Giusto, presenti il provissore di Venezia Andrea Gritti, poi doge, e il podestà Lodovico Nassino. Sino a tutto il Settecento la cattedrale fu oggetto di assidue cure e abbellimenti. Nel Cinquecento si arricchì dei numerosi pregevoli affreschi recentemente rimessi in luce, nonché di tele e tavole dei grandi artisti bresciani (il Moretto, il Romanino e il genero di quest'ultimo, Lattanzio Gambara); del secolo successivo sono i monumentali altari delle navate laterali e del transetto, nonché la cappella di San Giovanni Crisostomo. Caduta la Serenissima e soppressa la commenda, per la cattedrale cominciarono tempi difficili (i francesi di Napoleone I coprirono gli affreschi sotto uno strato di intonaco; quelli di Napoleone III nel 1859 adibirono il tempio a magazzino), mentre la crisi economico-sociale, attraversata dal territorio mantovano durante e dopo il risorgimento, impediva persino la normale manutenzione. Al degrado di tanto monumento, tra i più cospicui nell'arte lombarda tra gotico e rinascimento, si va ponendo rimedio da qualche decennio, con ampi restauri, accurati recuperi e la salvaguardia delle opere dismesse, per le quali è stato creato accanto al tempio il relativo museo. San Rocco, tempietto rinascimentale, affrescata da A. Fedeli, con una 'deposizione' che risente della tradizione pittorica cremonese, dei Disciplini Bianchi (Santa Maria della Misericordia) e dei Disciplini Rossi (Santa Maria al Lago o in Betlem). Da visitare, nella frazione Barchi, la chiesa di San Luigi Gonzaga, dove è un Crocefisso ligneo del Piantavigna, già in Cattedrale. Fra le architetture civili, situato nella piazza principale è il Palazzo Pretorio ora sede municipale, col Salone del Consiglio Maggiore, del Consiglio dei Dieci, stucchi e medaglioni dei Dogi e la elegante Loggia Veneta, costruita nel 1610 su progetto dell'architetto Lantana. Nella Piazza è collocata una fontana monumentale raffigurante Ercole che schiaccia l'idra, copia in marmo dell'opera dello scultore Carra (secolo XVI). Lungo la via Garibaldi si possono ammirare le facciate di tre importanti palazzi. Il Palazzo della Congregazione di Carità, in un imponente ed elegante stile neoclassico; il palazzo Terzi dalla sobria facciata con il balcone dal quale si affacciò Garibaldi nel giugno del 1862 per parlare agli asolani e, all'interno, un parco di vegetazione varia ed esotica, il palazzo del Conte Beffa Negrini, poeta amico del Tasso, con facciata barocca adorna di trofei di marmo e un solenne portale. Non lontano dalla piazza XX Settembre è l'Abside romanica di Sant'Erasmo, quanto resta di una ricca chiesa trasformata dal 1890 nel Teatro Sociale.
Museo Civico "Goffredo Bellini"
  Il museo fu costituito agli inizi degli anni Venti, quando il Cavaliere Goffredo Bellini, collezionista asolano, sulla scia degli appassionati studiosi locali del secolo precedente cominciò a dare una prima e provvisoria organizzazione a una vastissima raccolta di oggetti di ogni genere e di ogni epoca, legati in gran parte alla storia della città e del territorio, risultato non solo delle sue personali ricerche, ma anche frutto di munifiche donazioni di concittadini interessati alla conservazione di un patrimonio storico e culturale comune. Nel Museo Civico confluirono pezzi di alto valore, come la stele egizia, la coppa attica a figure nere, dipinti e arredi lignei appartenenti alla collezione privata del Bellini e giunti in suo possesso tramite il mercato antiquario. Dalla collezione originaria si è giunti allo stato attuale dell'esposizione anche grazie all'attenzione di privati cittadini che hanno segnalato nel corso degli anni soprattutto i rinvenimenti archeologici, consegnando al museo i reperti che sono venuti a costituire una parte significativa della raccolta museale, grazie anche al deposito di alcuni oggetti da parte della Soprintendenza Archeologica. All'origine il museo ebbe sede nel Palazzo del Monte di Pietà che sorge ancor oggi in via Garibaldi, designato fin dall'inizio del 1600 ad ospitare questa istituzione assistenziale, che confluì nel XIX secolo nella Congregazione di Carità, di cui il Bellini divenne segretario. Nei decenni successivi il museo subì frequenti trasferimenti, fino al definitivo allestimento presso l'originaria e prestigiosa sede del ristrutturato Palazzo Monte dei Pegni. Al visitatore si offre una panoramica che spazia attraverso i millenni della storia, con un'esposizione organizzata per percorsi cronologici e tematici completati da un sintetico apparato didascalico. Sono attualmente visitabili quattro sale: quella d'ingresso ospita una breve sezione introduttiva al museo, con la presentazione di alcuni oggetti della collezione Bellini, la stele egizia di Kewey e la coppa attica con soggetti dionisiaci. Segue la sala dedicata alla preistoria e alla protostoria, preceduta da una selezione della raccolta di fossili di varia provenienza. La sezione preistorica comprende numerosi reperti, per lo più frutto di ricerche effettuate tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, provenienti da varie zone del territorio asolano e non solo, che offrono un'interessante testimonianza della presenza umana in quest'area fin dalle epoche più remote. Il passaggio alla terza sala, dedicata ai Celti e ai Romani è evidenziato da un'iscrizione relativa alla costruzione di un balneum ad Asola nel IV secolo d.C. e dalla riproduzione fotografica di una stele funeraria ora murata nell'angolo esterno della chiesa parrocchiale. Nella prima vetrina sono esposti manufatti di tradizione celtica: si tratta di oggetti d'ornamento quali bracciali, torques, fibule, ma anche armi e attrezzi vari che attestano lo stabilirsi di gruppi cenomani, poi assorbiti nell'orbita romana nel corso del II e del I secolo a.C. Agli aspetti della vita quotidiana in epoca romana sono dedicate le successive vetrine, dove sono esposti, in buono stato di conservazione a seguito di recenti interventi conservativi, vetri, monete, lucerne, anfore, macine per il grano, pesi da telaio, oltre a un significativo numero di ceramiche fini da mensa come patere e coppe a vernice nera e coppette di ceramica "a pareti sottili". Vi sono, inoltre, reperti connessi con il popolamento del territorio in età longobarda: ornamenti e accessori di bronzo, quali fibbie, ganci per cintura, armille. L'ultima sala è riservata al ricco patrimonio storico-artistico del museo. Qui si può ammirare la raccolta di quadri, parte dei quali va riferita al periodo in cui la Serenissima estendeva i suoi domini fino ad Asola, estrema roccaforte occidentale dalla metà del 1400 fino al 1797. A questi si aggiunge un gruppo di opere attribuite al pittore Luigi Impaccianti, attivo nel XIX secolo, di cui è in preparazione una mostra da realizzare entro il 2003, corredata da un catalogo delle opere dell'artista.